domenica 15 maggio 2011

l testimone elettrico dell’omicidio Kennedy

C'ero una volta io. E questo io scriveva racconti. Ma è tutta un'altra vita quella. Adesso c'è il post che bussa allo schermo piatto.
Eccovi il racconto, la storia riscritta di una storia già scritta.
E buon divertimento


 

Il testimone elettrico dell’omicidio Kennedy

Nell’aria c’era ancora qualcosa di fresco da respirare e un incerto, imbarazzato sole lusingava i primi piccioni, svolazzanti e cagoni di Elm Street. E c’ero pure io, a dirla tutta. C’ero io a far luce sulle cose, sui casi, sulle persone… Era il mio lavoro, per la cronaca.
Mi portarono a Dallas, direttamente da Safford, in un viaggio durato il tempo di sei buche, una sosta per pisciare e un caffè da Rosemary’s. Chiuso dentro il furgoncino della “Lansdale &. Co.” sognavo di strade, di urina di cane, di fresca nebbiolina da parco.
Arrivai alle sei del mattino e una squadra di tre uomini era già pronta; uno di loro, poco lontano, cominciava a scavarmi la fossa mentre qualche lungimirante barboncino, annusandomi, pregustava future soddisfazioni corporali.
Dallas aspettava un uomo molto importante
il cui nome e cognome era accartocciato in una breve e vetrosa sigla: JFK. Le tre lettere e la sua faccia erano un po’ ovunque, su grandi cartelloni circondati da stelle e strisce sui quali, i piccioni cagoni, ormai scaldati da quella luce, oltre il lassù, dispensavano ricordini grigiastri e piume a perdere.
Un viso simpatico, bel tipo… cominciai ad abituarmi al suo sorriso, ai suoi occhi a fessura, alla sua testa bionda…al colore della sua pelle. Il Presidente; lo chiamavano il Presidente.
Doveva essere un pezzo grosso se quel giorno tutti i cittadini di Dallas decisero di invadere ogni strada.
Circondato, stretto in una morsa di carne che sconoscevo, al centro dell’interesse in crescendo di tutta quella gente, sentivo il cognome del Presidente risuonare a ogni cantonale di palazzo, vicino a ogni agente luccicante, a ogni sigaro dondolante, a ogni occhiale cerchiato di nero, disperso nella folla.
Foulard colorati cominciavano a sventolare oltre le teste, più in basso, e flash di reflex interrompevano il manto peloso e colorato della massa vibrante su Elm Street.
Stava arrivando, il Presidente, l’uomo il cui nome era scritto un po’ ovunque e dai capelli color del sole, era ormai vicino.
Fu allora che notai quell’altro, lassù.
Lo vidi oltre gli alberi, incastonato dentro una finestra, dietro un luccichio che non era flash di reflex, no. Era luce riflessa quella; riflessa su qualche tipo di specchio o vetro o lente… Lo stesso sole che illuminava la testa di John tingeva di un riverbero accecante qualcosa, lassù, al terzo piano del palazzone rossiccio.
E la folla, più in basso, cominciava a soffocarmi e per qualche istante fui sul punto di spegnermi e quasi quasi cominciai a maledire il mio mestiere…: far luce sulle cose, sui casi,sulle persone.
Mi chiesi quale potesse essere il lavoro dell’uomo dietro il riflesso; mi chiesi perché non fosse con gli altri, quaggiù, a ridere, sventolare bandierine a stelle e strisce e sollevare sulle spalle bambini o fidanzate bionde. Mi chiesi perché, al passaggio di John, quel riflesso era scomparso per un attimo, ricomparendo, qualche secondo dopo, un po’ più a destra.
E sarei ancora lì a chiedermi questo e quell’altro e quest’altro ancora se un rumore spezzato non avesse colpito la gola del Presidente… se un secondo rumore, spezzato, non gli avesse scomposto la bella acconciatura color del sole, facendogli uscire la vita da uno squarcio rosso e sfrangiato, proprio nell’istante in cui un terzo rumore spezzato, mi fracassò l’anima. La luce del giorno entrò dolorosamente dentro, frammista al ricordo del Presidente; che corse via lungo le mie vene di plastica, perdendosi in qualche punto indefinito sotto i prati ben rasati di Dealey Plaza.
Poi fu il Buio, null’altro che gelido Buio.

Dal rapporto della CIA sull’omicidio Kennedy.

“ … dei tre proiettili sparati dal Remingotn XP-100 due hanno colpito il presidente. Il primo al collo; il secondo, causa del decesso, lo ha raggiunto alla testa, fuoriuscendo dalla parte posteriore. Il terzo, andato perso nel vuoto, ha colpito la lampada di un palo dell’illuminazione di Elm Street, distruggendola…”

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